Litigare con i figli è il vero antidoto al narcisismo. La verità salva i giovani dal narcisismo woke - di Claudio Risé - da "La verità", 7 dicembre 2024
Non siate troppo buoni con i vostri figli: potrebbero sentirsi troppo cattivi verso di voi, e ciò avvelenerebbe la loro vita, oltre che il vostro rapporto. Dopo che il mondo ipersviluppato e superbuono della Zivilisation delle “buone maniere” ha scatenato due -forse tre- guerre mondiali ed ora naufraga nel narcisismo vuoto del woke, dell’auto contemplazione dell’eroe borghese à la Macron, urgono non più manierismi ma verità.
Il genitore - padre o madre che sia - più utile ai figli è quello che trasmette ai figli uno sguardo coraggioso sul mondo e accetta la vita per quello che è: un’esperienza anche molto dura e non come fosse una recita. É solo dalla verità dell’esistenza che può nascere per loro anche l’amore, e la sicurezza. Altrimenti sono guai, nevrosi e soprattutto molta debilitante tristezza.
Non è infatti con le smorfie sdrammatizzanti dell’ambigua educazione buonista che si rassicurano i figli adolescenti, ma piuttosto aiutandoli a “riconoscere e sintonizzarsi con i propri stati d’animo fin dalla più tenera età”. Lo spiega il recentissimo: Soffrire di adolescenza. Il dolore muto di una generazione della psicoterapeuta Loredana Cirillo (Cortina editore). Ciò può suscitare conflitti con i figli, ma non è questo il problema. Anzi, assicura la professoressa Cirillo: “è l’assenza di conflitto e riparazione che genera ansia e mancanza di speranza”. É ciò che il terapeuta sperimenta quotidianamente nel suo lavoro.
Riconoscere che l’assenza di litigi genitori/figli non sia un buon affare per nessuno, ma anzi generi ansia e tolga la speranza di un benessere stabile fin dall’infanzia e adolescenza, accende una nuova e importante luce sull’incompatibilità tra l’incultura politicamente corretta e il benessere dei giovani e della società. Il fatto è che nell’ansia di laicizzazione e scristianizzazione della vita, l’Illuminismo ha tolto di mezzo l’esistenza del dolore e il suo senso nella vita umana. La società dei consumi e dello spettacolo, al corrente del senso della sofferenza e del percorso della Risurrezione cristiani, cerca di convincere il pubblico a lasciar perdere queste antiche leggende e correre a approfittare del Black Friday.
Ciò, però, è assolutamente distruttivo per l’adolescente che ha bisogno di tutto tranne che imprigionare la propria fantasia e sentimento nelle misere regole e contenuti del mercato. É proprio perché l’adolescenza è la fase nella quale il giovane sperimenta tutte le contraddizioni nel corpo e nell’anima, che il manierismo corretto, verniciato e intossicato del consumo spegne il significato della scoperta giovanile della ricchezza dell’esistenza umana e ne anestetizza la vita affettiva, bloccandone lo sviluppo.
“Dimmi il tuo rapporto con il dolore e ti dirò chi sei” diceva Ernst Jünger che visse ultracentenario quando pochissimi ci riuscivano, e non si negò godimenti né privazioni. Così appena ebbe 18 anni fuggì di casa e si arruolò (lui tedesco) nella francese Legione straniera, da dove il padre riuscì a toglierlo solo quando il ragazzo si ammalò gravemente. Raccontò poi tutto nel libro Ludi Africani (Guanda edizioni), straordinario documento su tempi di altre, forse complessivamente più felici, adolescenze e paternità. Comunque fu un tipo che seppe sempre riconoscere e rispettare il significato degli opposti, come dimostra il fatto che il suo 92 anno fu festeggiato da Helmuth Kohl e François Mitterand, presidenti di Germania e Francia, i 2 paesi europei tradizionalmente nemici.
Il vero Sé (che comprende anche la trascendenza) riconosce gli opposti, e trova il modo di conciliarli. Per farlo, però, dopo la primissima infanzia è necessaria una certa distanza che consenta ai genitori di dare spazio di emergere e manifestarsi al vero sé del bambino. Mentre oggi è frequente la madre “troppo vicina e capace solo di vedere il bambino che ha in mente lei, senza dare spazio al suo vero Sé, che non riconosce e cui non consente di emergere”. Compare anche, pur se meno frequente, il padre che vede il figlio come il campione di calcio che lui avrebbe voluto essere, e si deprime se non si impegna abbastanza...É ancora Narciso che, sempre alla ricerca di grandiosità, fa confusione tra le generazioni. In una società mercantile, accecata dal denaro e dalla vanità.