Il consumismo ci sta rincretinendo. Per tornar umani, cambiamo vita. di Claudio Risé, da “La Verità”, 18 febbraio 2024
Alla veneranda età di 103 anni, il filosofo francese Edgar Morin ci regala un libro in cui fa un’analisi lucida e spietata dei mali del nostro tempo. La base da cui ripartire è la socialità. Altrimenti non avremo scampo.
“Cambiamo strada, cambiamo vita”: a lanciare questa impegnativa esortazione è Edgar Morin, un signore di cento e tre anni che pensa che la vecchiaia sia: “una scala dove si sale, dove ogni gradino ha più valore perché l’esperienza dà più valore al gradino successivo”. Ecco quindi l’autore chiedere: Ancora un momento (Raffaello Cortina editore) , per comunicare le sue impressioni con le stesse parole ( “ancora un momento signor boia” rivolte della contessa du Barry al boia Sanson davanti alla ghigliottina, nel dicembre del 1793).
Morin, sociologo e filosofo dal naso finissimo, che è sempre stato fra i primi a annusare dove va il vento, avvisa: “siamo in moltissimi, anche se dispersi, a sopportare con difficoltà l’egemonia del profitto, del denaro, del calcolo (statistico, di crescita, PIL, sondaggi), che ignora i nostri veri bisogni, come le nostre legittime aspirazioni a una vita autonoma e al tempo stesso comunitaria”.
Come al solito a preoccuparlo sono questioni complesse, ma anche molto pratiche: “con l’economia globale globalizzata il profitto è cresciuto oltre misura a detrimento delle solidarietà e delle convivenze, le conquiste sociali sono in parte annullate, la vita urbana si è degradata, i prodotti hanno perso la loro qualità (obsolescenza programmata, ossia vizi nascosti), gli alimenti hanno perso le loro virtù: sapore e gusto”. E il vecchio, (Morin, ma anche chi scrive), è il primo ad accorgesene: perché lui, quel sapore, l’ha gustato per anni, prima che sparisse per far spazio alla plastica e affini.
Ecco quindi che, a differenza dei filosofi tutta testa, Morin si batte per la riforma delle condizioni lavorative e di consumo perché è su quei terreni che l’umano si sta disumanizzando e la vita diventa magari più ricca, ma bruttina e con tonalità infernali. E fa presente che “la redditività può essere ottenuta non con la robotizzazione dei comportamenti, ma con il pieno impiego della personalità e responsabilità dei lavoratori.”
É consumando che l’uomo oggi si rincretinisce e si ammala: è quindi lì che occorre intervenire per salvarlo. “Ciò permetterebbe una selezione consapevole dei prodotti secondo le loro qualità reali e non quelle immaginarie vantate dalla pubblicità o dagli influencer, portando così a una diminuzione delle intossicazioni consumistiche (tra cui quella automobilistica o alimentare). Sarebbero allora il gusto, il sapore, l’estetica a orientare i consumi, i quali, sviluppandosi, ridurrebbero l’agricoltura industrializzata, il consumo insipido e malsano e, con ciò, il dominio del profitto”.
Restituendo questi aspetti forti dell’umano: il gusto, gli affetti, la simpatia (la convivialità su cui aveva molto lavorato negli anni ’60 l’antropologo culturale Ivan Illich) si può riumanizzare le violente e stolide società tardo-moderne. Ma bisogna farlo presto e bene, prima che vada tutto a catafascio.
Perché ciò accada, è indispensabile una buona informazione, che invece oggi è quasi totalmente sostituita da una pessima comunicazione di massa che attraverso strumenti altrettanto incanagliti diffonde slogan e stereotipi, ma non conoscenze e informazioni. La buona informazione richiede anche una rinfrescata ad alcune idee e pratiche che ogni tanto paiono un po’ offuscate.
Per esempio la democrazia richiede “la necessità di nemici che non la pensino come voi”, la presenza dei quali contribuisce alla sua esistenza. A differenza dell’irascibile e pericolosissimo politicamente corretto che vorrebbe silenziare l’avversario. In “una buona democrazia si riprendono i buoni spunti dell’avversario per integrarli nella propria politica: il gioco degli antagonismi deve essere fertile e non sterile”. “Bisogna accettare”, come diceva il filosofo Claude Lefort , che la democrazia non abbia una verità, ma lasci che il gioco di diverse verità si esprima attraverso il voto dei suoi cittadini”.
Per decidere però occorrono informazioni puntuali e corrette. Difficili da avere perché molte decisioni riguardano problemi tecnici o scientifici di cui il cittadino normale non sa nulla. “Non sappiamo come funziona una bomba atomica o una centrale nucleare”. Lo stesso per l’economia: “ogni scuola pretende di avere la verità”. Anche qui, si tratterà di coltivare persone preparate e evitare gli arbìtri delle burocrazie, diffondendo informazioni oggettive, senza lasciarle sequestrare dai diversi poteri come accaduto in Italia e altrove per il Covid. Per fare questo: “l’educazione ha un ruolo importante”. Non solo a scuola, “ma in università popolari per fornire agli adulti informazioni indispensabili per riflettere e prendere decisioni consapevoli”.