L'Orsa ci ricorda i doveri della vita - di Claudio Risé, da “La Verità”, 24 aprile 2023
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L’Europa, in continua ricerca di cose da fare, si lancia in stravaganze «ambientaliste». Ma Jj4 ci interroga su un mondo riempito di «diritti» che scorda gli obblighi dell’uomo.
Il mondo selvatico ha - tra tutti i suoi pericoli e sgradevolezze - la caratteristica della verità: non è falso o superficiale, come una virostar o un influencer. É autentico come la vita, e a guardarlo senza frette e pregiudizi, c'è sempre da imparare, anche spaventandosi. É per questo che sono con Martino Cervo nel riconoscere (su La Verità del 21. 4.24) come Jj4 ci costringa, con la forza mostruosa della sua specie e dell' omicidio commesso, a chiederci "cosa sia un orso, cosa sia un uomo, e cosa sia il pregnancy tissue, il "tessuto di gravidanza" da aspirare per evitare che nasca il bambino indesiderato", come propongono da decenni protagoniste che vanno da Emma Bonino a Joan Fleischman. Questi fenomeni, nella loro apparente diversità, riguardano questioni oggi essenziali per la vita di tutti noi, e forse anche dello stesso pianeta. É vero che di solito li si complica con linguaggi e categorie estremamente analitiche e specializzate, affondandoli quindi sotto interessi e ideologie molto limitate: i diritti, l'animalismo, l'ambiente, etc. Ma non serve, è molto di più: si tratta della vita. E di tutti i viventi: uomini, donne, bambini, animali.
Per cavarne qualcosa vanno affrontati con una postura religiosa, nel senso proprio della parola latina religo, metto insieme. Soltanto riunendo (religiosamente) l'uomo che c'è a quello che sta nascendo e quello che viene soppresso dalla madre (che a volte è un orso) possiamo dare risposte al loro tema comune, che è la vita sulla terra, oggi: di chi ci vive, ci nasce e ci muore. Un tema primario, basico, elementare, per nulla ideologico. Di fronte al quale è necessario porsi come di fronte al sacro: con il timore ( numinosum, spiegato dal filosofo delle religioni Walter Otto) suscitato dalla dimensione trascendente, che va al di là delle passioni, istinti e conoscenze di tutto il mondo vivente, manifestato con la sua creazione.
Il vecchio e presuntuoso prezzemolo delle ideologie illuministe dei diritti, con cui si usa condire qualsiasi sproloquio sui problemi attuali, naturalmente (come nota Cervo) serve a nulla. Anche per la ragione elementare che l'affermazione del diritto di A ( ad esempio degli abitanti dei territori che non vogliono l'orso, o degli altri che invece lo reclamano), può violare quello delle altre zone di destinazione. Il fatto è che comunque, come diceva sbrigativamente la filosofa Simone Weil, e ampliavano Levinas e altri filosofi: "l'uomo non ha alcun diritto, ma doveri verso Dio", il creatore. L'uomo deve soprattutto conservare il mondo, e non distruggerlo fingendo di esserne il padrone, o addirittura (preso da improvvisa follia paranoide, personale o collettiva) convincendosi di esserlo davvero. Come i diversi "Grandi" che oggi giocano con la guerra mondiale, e le bombe atomiche nei depositi, con l'assenso di tutti quelli che li lasciano fare. Il dovere di conservare la vita e il mondo, senza avvelenarlo e distruggerlo con manie di grandezza e aggressività deliranti deve essere riconosciuto e ricordato come il primo compito dell'uomo.
Non basta poi qualsiasi sciocchezza "ambientalista" per autorizzarci a dimenticare l'esortazione di Gesù (Matteo, 6,24-34) di togliere di mezzo le mille aspirazioni inutili e grandiose e prendere esempio di dignità, bellezza e letizia dai "gigli dei campi e dagli uccelli del cielo". Non stravaganze pretenziose come orsi importati dalla Slovenia grazie anche ai programmi di un' Unione Europea in cerca di cose da fare, ma gigli campestri e uccelli che con un leggero colpo d'ala sono già in cielo: sono loro i maestri da cui imparare. Molti anni dopo Matteo, Sören Kierkegard, uno dei protagonisti del pensiero esistenzialista, ha scritto "I gigli dei campi e gli uccelli del cielo" (Fratelli Bocca editore), una straordinaria meditazione su quali siano le vere ricchezze dell'esistenza e della terra, e quali le vanità derivanti da manie di grandezza, quasi sempre nate dalla stravagante fantasia di sostituirsi al Creatore. É solo dalla loro ammirata e silenziosa contemplazione che può derivare "il centuplo quaggiù", per la vita dell'uomo capace di ascoltarne la lezione.