Maschio selvatico 1

L'indice

IL MASCHIO HA PAURA

pag.10 - Il timore dell’emarginazione
pag.14 - Il timore del distacco dalla madre 
pag.20 - La paura della prova iniziatica
pag.29 - Dal coraggio fisico delle origini, all’ambiguità istintuale della Chiesa trionfante
pag.32 - Francesco d’Assisi 
pag.34 - Come l'uomo selvatico finì sott'acqua

L'INTERDETTO RELIGIOSO: IL MALE

pag.35 - La leggenda di Cristoforo
pag.39 - Il buon gigante Haunold

pag.43 - La ferita dell’istinto nella leggenda del Graal
pag.45 - La storia della Tarasque
pag.46 - L’evangelizzazione della Provenza e dell’Occitania
pag.47 - La trasformazione della Tarasque
pag.48 - La civiltà delle corti d’amore: come trasformare l’istinto in passione
pag.51 - La ‘nuova stregoneria’

L'INTERDETTO SOCIALE: LE BUONE MANIERE

pag.56 - La denuncia del manierismo sociale nei sogni
pag.60 - La rottura con la corte nella storia di Parsifal
pag.63 - Movimento maschile e immobilità della corte
pag.67 - La difesa del femminile oltraggiato
pag.68 - L’antagonismo tra cultura e civilizzazione
pag.70 - La fonte originaria dell’energia umana: la Wildnis
pag.73 - La Wildnis nel maschio in analisi, e nel suo analista
pag.74 - Intuizioni ed esperienze nel movimento internazionale per la wilderness
pag.76 - La storia del cacciatore e del leone
pag.81 - L’uomo che fa piovere
pag.82 - Lo squilibrio contemporaneo
pag.84 - Un cane al volante, nel centro di New York

L'INIZIAZIONE: LA LEGGENDA DI IVANO

pag.88 - La leggenda del nobile Ivano
pag.94 - Il dio Kernunnos: il bel cornuto
pag.95 - La fonte della vita e della morte
pag.97 - Il confronto col proprio aspetto oscuro
pag.98 - L’esperienza della castrazione
pag.100 - Il significato psicanalitico
pag.102 - L’amicizia femminile
pag.104 - L’esperienza dell’amore

IL PRIMO INCONTRO: L'ADOLESCENZA

pag.108 - Huckleberry Finn
pag.109 - La società dei consumi e l’emarginazione dell’adolescente selvatico
pag.111L’incontro col mondo selvatico nell’esperienza personale di Hans Peter Duerr
pag.113 - I ragazzi selvatici e Agostino di Alberto Moravia
pag.114 - Il luogo dell’incontro selvatico
pag.115 - I ragazzi selvatici e l’allontanamento dalla madre
pag.116 - La melma del mondo selvatico
pag.117 - La Cura, il fango e l’uomo
pag.118 - Agostino e la Cura
pag.120 - Il desiderio di omologarsi e il cambiamento mancato
pag.122 - Il rifiuto della trasgressione e il rimanere bambini

L'OMOSESSUALITÁ

pag.124 - La confessione e la sessualità come colpa
pag.125 - L’incontro con gli squadristi
pag.128 - Fuori dalla nevrosi ossessiva
pag.129- Naturalità, ricerca individuale e solitudine
pag.131 - Il selvatico in un capanno della Versilia
pag.132 - Il cibo e il coltello
pag.132 - Crudele mondo selvatico
pag.133 - Avvicinarsi al corpo
pag.134 - La libertà del corpo libera lo spirito
pag.135 - Maschilità e amore per gli uomini
pag.135 - La psicologia analitica e l’omosessualità

IL FIGLIO SENZA PADRE

pag.138 - La scomparsa del padre e dell’iniziatore al maschile
pag.139 - L’indifferenza sociologica: che male c’è?
pag.141 - Il figlio senza padre nella leggenda, nella fiaba nordica e in quella mediterranea
pag.142 - La prevalenza del femminile nel Parsifal celtico: Peredur
pag.144 - La wilderness e l’iniziazione maschile del figlio senza padre
pag.145 - Il figlio senza padre nella fiaba
pag.146 - Il padre geloso e l’abbandono del figlio
pag.147 - La donna del figlio senza padre
pag.148 - Quando il figlio senza padre viene sopraffatto dal mondo maschile
pag.151 - La seconda generazione
pag.151 - La madre presa dall’ideale
pag.153 - La cacciata nella foresta e la donna sulla roccia
pag.156 - L’alleanza col mondo selvatico per tornare dalla Donna delle Rocce
pag.159 - Il figlio senza padre e la donna, oggi
pag.162 - Il ‘figlio della vedova’ nella fiaba mediterranea

L'UOMO SELVATICO PER UNA NUOVA MORALE

Il maschio selvatico - Introduzione

Un’auto corre sull’autostrada, veloce ma non troppo. L’uomo al volante non è un guidatore spericolato. Va al lavoro: a visitare lo stabilimento che dirige, o ad un appuntamento d’affari. D’improvviso vede dinanzi a sé un muro, un grande muro di cemento. Non ha neppure il tempo chiedersi come mai sia lì, quando l’abbiano costruito. Schiaccia con tutte le sue forze il pedale del freno, cercando di non perdere il controllo della vettura. Si ritrova coperto di sudore freddo, verso il ciglio della strada, fortunosamente evitato da automobili e camion, che lo ingiuriano sorpassandolo.  Questa allucinazione dev’essere abbastanza diffusa, se a un singolo analista, come me, è capitato di sentirsela raccontare diverse volte, così come ad analisti che lavorano con me è toccato ascoltarla dai loro pazienti. Che dirne? Certo, che questi uomini che si imbattono in un muro immaginario non possono continuare sulla stessa strada: devono accostarsi, fermarsi a riflettere sul senso e la direzione della loro corsa.
Ma soprattutto la loro allucinazione grida: ho paura. Una tremenda paura di schiantarsi contro qualcosa di durissimo, insormontabile. E tuttavia costruito dall’uomo e dalle sue macchine: un muraglione di cemento. Sarebbe facile utilizzare la scorciatoia della psicanalisi classica per dire che questa paura  “non è altro” che la rappresentazione di un’improvvisa impotenza sessuale, che getta il maschio nel panico. Poiché non c’è paura senza un senso di impotenza nei confronti di qualcosa o qualcuno che è più forte di te, impenetrabile dalle tue forze e dai tuoi strumenti, la paura totale di cui stiamo parlando ha anche, naturalmente, una forte componente sessuale. L’uomo sessualmente felice è l’uomo tranquillo e/o dotato di coraggio. L’uomo impaurito è di solito, un cattivo amante.
Tuttavia è troppo semplice ridurre la paura che attanaglia oggi il maschio ad un riflesso della sua insicurezza sessuale. Si tratta piuttosto del contrario: l’uomo è insicuro, anche sessualmente, perché vive nella paura. Cerchiamo allora di vederci più chiaro in questa onnivora, pervasiva paura che caratterizza la condizione maschile negli anni verso il duemila. Mi sembra di poter distinguere, in questo crampo di terrore, la manifestazione di tre grandi timori.
La prima paura è quella di venir emarginati dal collettivo.
La seconda, più profonda, quella di separarsi dalla madre di cui il collettivo sociale dello stato del benessere e del consenso è una sorta di grandioso prolungamento.
La terza è quella di non poter scampare, comunque, all’uscita dalla condizione infantile in cui si è riusciti a rimanere finora, di dovere, seppure controvoglia, subire l’iniziazione al mondo degli adulti. E quindi essere obbligati ad attraversare quella terra di nessuno che è, da sempre, il territorio psicologico e fisico in cui deve transitare chi passa da una condizione umana a un’altra. In questo caso chi da bambino dipendente diventa uomo. Responsabile di sé.