A conclusione
CR: A conclusione di questo veloce, e per me molto emozionante viaggio, caro Francesco, mi sembra che per la tua generazione, e quelle dopo, si aprano prospettive di grande interesse. Anche di rischio, naturalmente, come sempre quando le cose finalmente si muovono. E' un po' come dopo un lungo periodo di insopportabile afa: grandi masse di aria si spostano, scoppiano temporali, e finalmente si respira.
Sotto l'incalzare delle tue domande abbiamo attraversato paesaggi molto diversi, a partire da quello (metafisico eppure concretissimo) della Terra Desolata (caro ad entrambi). La terra desolata, però, è ancora lì, con i suoi fragili lillà, che devono lasciare spazio a piante robuste, e piene di frutti autentici e forti (come spero voi siate e diventiate), che affondino radici profonde in una terra pulita, non avvelenata dalle scorie degli spurghi industriali.
Nel lungo tempo della mia vita, di cui ho raccontato qualche immagine per chi non le ha vissute, le scorie invece sono sempre aumentate, assieme alla pesantezza dell'aria e all'apparente inconsistenza dei modi di vita. Ciò non mi ha impedito di essere felice, ma mi ha anche preoccupato per i moltissimi (tra i quali molti alle cui sofferenze ho partecipato) che faticano ad amare, a riconoscere la bellezza dei semplici cibi della vita, in senso metaforico e anche reale.
Come se anche lì ci fosse un'intossicazione da immagine, da star, nei piatti, che fotografiamo prima di mangiarli, per poi ridurli ad allegati da mandare in giro su Internet, facendo loro perdere il profumo, gusto, sapore, di cibo vivo. Questo passaggio dal reale, vivente, a un immaginario da esibizione, dal miracolo economico in poi si è intensificato, in ogni cosa. E' stato un lungo periodo di progressiva sofisticazione (anche nel senso di falsificazione) della vita. Compimento forse di quel "processo di civilizzazione" - esaltato dalla sociologia del secolo scorso -, che con le sue crescenti patologie psichiche, affettive, fisiche, e linguistiche (il politically correct) ha mostrato come un raffinamento dei comportamenti lontano dal mondo vivente degli affetti, dei corpi e delle anime (non più considerate perché estranee alla tecnica), si trasformi poi una mortifera barbarie. Per giunta assai fragile di fronte alle pressioni, anche aggressive, delle altre parti del mondo, che per varie ragioni quella civilizzazione hanno rifiutato.
Tuttavia, proprio mentre di questo stavamo parlando, tra di noi, con gli amici, sui giornali, nei libri che scriviamo, tutto ha preso a cambiare molto velocemente. Per la prima volta da quando io ricordi, le persone hanno cominciato a fare l'opposto di quanto i poteri forti, di cui i media in tutto l'Occidente sono espressione, le chiedevano. Ciò ha sconcertato molti. A me sembra un segno di vitalità.
La vita e la professione mi hanno confermato in pieno l'intuizione di C.G. Jung, che sosteneva che la maggior parte dei malesseri e disturbi psichici sono l'effetto dell'adeguarsi a spinte e influenze collettive che non ci rispecchiano. Questo recente fare diverso (e il contrario) delle raccomandazioni dei potenti mi pare portatore di una promessa di cambiamento per il mondo, e per questo mondo occidentale di cui siamo parte. Che in questo lungo periodo di abbondanze (del resto ormai in esaurimento), piaceri autodistruttivi (le droghe di cui siamo i primi acquirenti al resto del mondo, ben contento di vendercele e godere i frutti del nostro indebolimento), perdita di tensione morale e ideale, ha liquidato il proprio patrimonio culturale e spirituale, perché ormai inconsapevole di avere un'anima.
Dante, Shakespeare, Goethe, Eliot.. e tutti gli altri. E' con questi e con i loro alti ideali di vita e di bellezza che noi, e voi tanto più giovani, dobbiamo confrontarci. Una forza vitale e spirituale che non ci lascia tregua. Le nostre cattedrali, la nostra musica, e tutto il resto. Tutto molto vivo, di carne, cuore e spirito. Non certo scambiabile con un concetto astratto, di carattere finanziario (privo dunque di questi elementi viventi: carne, cuore e spirito), come quello di globalizzazione. Un concetto che ha presieduto a quella morte per acqua e liquefazione dell'Occidente di cui abbiamo parlato in queste pagine. E che per la verità molti dei più importanti scienziati politici danno ormai per esaurito, ma di cui è puro buonsenso temere i colpi di coda. Nessun autocrate toglie il disturbo senza protestare.
La realtà si presenterà con il suo volto, e andrà affrontata. Ma sarà con ogni probabilità un cambiamento, e non un eterno ritorno dell'eguale come è stato dal dopoguerra ad oggi. Decisivo, sarà piuttosto il come affrontarla.
Noi abbiamo in poco più di 70 anni di relativa pace e benessere, e molto divertimento piuttosto volgere e di bassa qualità, liquidato più di duemila anni di storia di straordinaria ricchezza spirituale, culturale, economica, antropologica, artistica. Di cui rimane pochissimo, nei programmi scolastici, nella lingua parlata e scritta, nel sistema di comunicazioni. Reagire a questa distruzione richiede un'enorme forza di contrasto alla psicologia della liquidazione, e quindi una notevole, profonda disciplina. Iscritta nella storia dell'Occidente, ma tutta da ritrovare perché, anche quella, non ci è stata consegnata. A te che hai l'età del mio primogenito, ma nemmeno a me. Anzi ci hanno detto che un vecchio arnese, ormai inservibile. Non è vero. Senza di essa non potremmo mai ritrovare le forme della nostra storia e della nostra vita, andate disperse nella liquefazione di una civiltà.
E' tutto da ritrovare, preziosi fili da riprendere e ritessere. Anche con l'aiuto delle donne, che l'arte della tessitura l'hanno appresa da Pallade Atena, ma poi in parte smarrita, probabilmente anche con la responsabilità di noi maschi...
Una splendida sfida, consegnataci da un mondo percorso da un movimento autentico, non virtuale o di maniera,
Grazie di avere provocato, e condiviso, questo emozionante confronto.