L'arroganza ci porta verso l'abisso - di Claudio Risé - La verità 12 marzo 2024
Pochissime persone che hanno vissuto e ricordano qualcosa della seconda guerra mondiale accettano di rischiarne un’altra. Per quanto resistenti, sono naturalmente una minoranza: in Italia i famosi “troppi nonni per bambino”, contati nelle statistiche di un paio d’anni fa. Quindi ai politici non interessano affatto, e non sembra che il loro dissenso sia un problema per il potere.
Il loro vissuto di fronte ai coraggiosi proclami di “armatevi e partite” può forse avere, però, qualche interesse, anche perché loro la guerra mondiale l’hanno vista e vissuta, seppur da piccoli. L’impressione che sovrasta tutte le altre è l’incredulità: come è possibile oggi, con in campo l’arma atomica (fabbricata apposta per togliere di mezzo i grandi conflitti, come testimonia Raymond Aron nei suoi lavori sulla guerra) anche solo pensare di rischiare un’altra guerra mondiale ? Per gli ultra-vecchi, francamente, è questo che conta.
L’avvicinarsi della possibilità di una guerra mondiale atomica è una prospettiva talmente folle ed empia (distrugge la creazione) che diventa del tutto irrilevante chi abbia ragione o torto. La guerra mondiale atomica è un atto di distruzione totale, e chi la provoca è un pericolo per l’umanità. Ognuno dei belligeranti, in qualsiasi situazione sia, è colpevole in quanto più o meno dominato dal fascino mortifero della guerra; mentre la pace, qualunque sia, è l’aspirazione delle società ancora relativamente sane, come prova il fatto che preferiscano la vita nella pace alla guerra e alla morte.
Questo conflitto poi, ha precise caratteristiche che sorprendono non solo che ci si trovi a questo punto, ma che si sia mai andati in questa direzione. Oggi l’Europa, con gli Stati Uniti parlano di nuovo apertamente di campagne militari contro la Russia, dopo che i due secoli precedenti hanno già assistito a due colossali campagne militari europee per conquistarla, concluse con migliaia di morti e sanguinose sconfitte. E’ comprensibile che Putin, che sarà anche un criminale ma non è scemo, consigli ironicamente agli aspiranti invasori di dare una ripassata a come sono andate queste due guerre, condotte non proprio da principianti: la prima nientemeno da Napoleone Bonaparte, che guidò personalmente l’armata , e la seconda da Adolf Hitler, che rimase nelle retrovie dell’esercito tedesco, ma non gli andò meglio.
Il fatto è che i condottieri/guerrieri sono quasi sempre malati di protagonismo e micidiali fantasie di onnipotenza . Essi “trascurano le lezioni del passato”, come fa notare Peter Burke, uno dei più autorevoli storici europei, nel recente Ignoranza. Una storia globale (Cortina editore). Ci sono alcune costanti oggettive che hanno reso imprendibile la Russia, che solo dei pazzi hanno provato a conquistare. “Una”, spiega Burke “ fu la vastità del Paese in cui gli invasori si ritrovarono, dispersi come se fossero stati risucchiati”. Del resto, l’aveva già detto von Clausewitz : un paese di quelle dimensioni non poteva essere conquistato. La seconda costante è metereologica: il “Generale Inverno, come lo chiamano i russi, che caccia regolarmente gli invasori, e arriva senza guardare in faccia a nessuno, perché non dipende da nessun ministero; le sue armi sono diverse.
Non si tratta, però, di ignoranza “pura”, nota Burke: sia Napoleone che Hitler sapevano bene che l’inverno russo è freddo e difficile. Il problema è un altro: “L’incapacità di mettere la conoscenza al servizio delle decisioni” ha un altro nome: “arroganza”. Che riguarda tutti quelli che ancora oggi osano parlare di guerra e presentarla come una necessità e non un gesto di penosa follia. La stessa sorprendente arroganza con la quale il “mite” Presidente del Consiglio ucraino Zelenski si permette di presentare alla sua omologa italiana liste di italiani, sospetti amici della Russia. La guerra nasce dalle parti dell’arroganza (certamente già lontane da ogni autentica democrazia), ed è figlia della malattia.
Che diventa perversione. Tipicamente umana: “neppure gli animali feroci” si attaccano all’interno della stessa specie, osservava nel 1500 Erasmo da Rotterdam, uno dei fondatori del pensiero europeo, nel suo: Il lamento della pace. La bellicosa arroganza del potere umano è peggio dell’animale feroce. E così che scoppiano le guerre, e può finire il mondo.