Il commento dei lettori e delle lettrici
Egregio Dottor Risé,
mi chiamo Monica. Le scrivo per esprimerle tutta la mia stima e un ringraziamento per i bellissimi libri sul padre che ha scritto. Libri che mi sono stati molto utili e che ho citato nella mia tesi di dottorato sulla figura del padre nella letteratura di Haiti. Si tratta di una letteratura poco conosciuta in Italia, anche se in questi anni qualche romanzo è stato tradotto anche nella nostra lingua. I miei studi hanno evidenziato come la figura del padre si ponga alla base di un percorso di ricerca dell'identità che interessa trasversalmente tutte le letterature cosiddette post-coloniali, tra cui quella haitiana. Ne sono un esempio romanzi come Il primo uomo di Albert Camus, Il mio orecchio sul suo cuore dell'anglo-pakistano Hanif Kureishi, Mr. Potter di Jamaica Kinkaid, che hanno tutti per protagonisti la ricerca del padre.
Ad Haiti la figura del padre di famiglia è piuttosto debole mentre abbiamo una paternità simbolica molto forte che si identifica con i leader politici (ad es. il famigerato Papa Doc, François Duvalier). Secoli di schiavitù hanno portato ad una famiglia matrifocale, osservabile ancora oggi, incentrata sul rapporto madre-figlio, mentre il padre rimane ai margini: spesso non vive sotto lo stesso tetto e mantiene relazioni con più donne, da cui ha svariati figli. Raramente assolve alle sue funzioni perché ne è stato disabituato fin dai tempi della piantagione, quando veniva venduto senza tenere conto dei legami familiari con la compagna che gli era stata assegnata e con i figli nati nel frattempo.
Questa situazione di assenza del padre dalla famiglia si riflette nella letteratura, che ha spesso come protagonisti giovani orfani di padre ritratti nel passaggio dall'adolescenza all'età adulta. Uno dei temi ricorrenti, oltre alla difficoltà di una corretta elaborazione edipica dovuta ad un rapporto madre-figlio improntato a una totale fusione, è proprio quello dell'iniziazione, di cui le hai parlato ne Il padre, l'assente inaccettabile. Nei romanzi che ho analizzato ci sono parecchie figure di padri putativi, di mentori che intervengono nella vita dei giovani eroi e li guidano in vari modi verso l'età adulta.
Un altro aspetto da Lei messo in luce e che mi ha molto colpito è la "verticalità" della figura paterna, che spinge gli uomini a non accontentarsi di obiettivi illusori ed estemporanei ma imprime alla vita un impulso progettuale verso il perseguimento di obiettivi "alti". In uno dei romanzi autobiografici che ho analizzato, il protagonista rievoca le parole del padre, morto giovane per una malattia, che amava definirsi "un Nègre vertical". Egli infatti, avvocato impegnato politicamente, si era rifiutato di venire a patti con il potere per fare carriera in fretta ed arricchirsi, ma, grazie al suo talento visionario, era riuscito a prevedere gli eventi nefasti che avrebbero colpito il paese con l'ascesa al governo di Duvalier.
Molto interessante per il mio studio è stato anche il suo libro su Don Giovanni. Il dongiovannismo, il machismo, sono tratti che caratterizzano gli uomini caraibici, più interessati alle scommesse sui combattimenti di galli, all'uso di alcoolici, e che misurano la loro virilità collezionando svariate avventure sessuali. Il dongiovannismo e l'erranza, come lei ha evidenziato, allontanano l'uomo dal suo ruolo paterno. In alcuni dei romanzi che ho letto ci sono personaggi di "sradicati", che non riescono a fermarsi in nessun posto, men che meno con una sola donna, e che sono l'antitesi del padre.
Spero di non averla annoiata ma mi faceva piacere metterla a parte di questo mio studio che sto ormai terminando. Uno studio che, inevitabilmente, mi ha messo in contatto con la mia storia personale, e quindi con mio padre, che ho perso quando avevo 16 anni; ora ne ho quasi 40 e la sua mancanza si fa sentire più adesso di prima. Mi piacerebbe poterle scrivere ancora, anche se immagino che sarà molto impegnato.
Per il momento la ringrazio per l'attenzione e scusi se mi sono dilungata troppo.
Un cordiale saluto
Monica Blondi
Mi chiamo Maria Acqua e ho vent'anni. Per caso sono capitata sul Suo sito e subito sono rimasta colpita dalla parola "padre" e dall'immagine di copertina del libro “Il mestiere di padre”: una scalata in montagna, un uomo che tende la mano ad un altro uomo.
Premetto che non ho letto (ancora) il libro, ma che sono lieta che qualcuno ritenga ancora pieno di dignità ed importanza il ruolo del padre.
Il mio babbo è morto lo scorso anno ed è gioco-forza riscoprire il valore della paternità. (Mio padre poi, amava pure la montagna). Ho letto gli articoli su Il Foglio, gli interventi di Marina Corradi su Avvenire e volevo esprimervi la mia gratitudine per il coraggio con il quale portate avanti - in queste settimane - la battaglia referendaria.
Spulciando qua e là il suo sito, mi sono venute in mente delle righe di Pèguy, glieLe lascio:
"Chiedete a un padre / se non ci sia un'ora segreta, / un momento segreto, e se non sia / quando i suoi figli cominciano / a diventare uomini, / liberi / e lui stesso lo trattano / come un uomo, / libero, / l'amano come un uomo, / libero [...]
Chiedete a quel padre / se non sa che nulla vale / uno sguardo d'uomo / che incontra / uno sguardo d'uomo.../ Tutte le sottomissioni / da schiavo del mondo / non valgono un bello sguardo / di uomo libero".
Maria Acqua, Cremona
Egregio dott. Claudio Risé, da molti anni ci conosciamo indirettamente e da molti anni ho avuto modo, data la mia situazione personale, di leggere alcuni tuoi scritti sui quali non ho assolutamente nulla da obiettare sia per la chiarezza e la logica con cui sono scritti, sia per l'affinità profonda che, evidentemente sento, per quanto esprimi. Sono uno dei tanti padri espulsi dalla compartecipazione di vita coi figli. Anzi ho dovuto fare la scelta dolorosissima di staccarmi completamente per evitare forme di rivalsa incredibili e pericolose per la salute psichica e fisica del mio unico figlio. Tutto ciò dopo averlo seguito come padre e madre fino alla sua età di due anni, poiché lei era poco in grado di accudirlo anche per le necessità materiali.(l'ho svezzato dal latte, gli ho insegnato a controllare i bisogni fisiologici, a parlare, a ridere, a camminare.....). Comunque non intendo avere uno sfogo, quanto esprimere in queste poche parole quanto ho sofferto e, analogamente quanto ho trovato sollievo nei tuoi libri che sono il cardine importante di questa nostra travagliata epoca per tenersi ancoràti al senso di famiglia ed al ruolo dei due componenti genitoriali. Constato, da decenni, anche per la mia professione di medico i guasti disperanti di una “incultura” deteriore che produce figli per "abitudine di specie" ma non li sa educare. Ed il ruolo più deteriore purtroppo è quello di tante madri incapaci ed inadatte al loro ruolo, ma intolleranti del ruolo pure importante, ma sottovalutato, del loro marito e padre dei figli. Le analisi trancianti, che vengono espresse in questi libri, che mettono nella giusta luce il ruolo del padre, dovrebbero trovare posto, finalmente, nelle menti di tanti giudici della sezione famiglia dei tribunali, se solo leggessero..... Cordialità
Mario Dalbuono